Ormai è ufficiale: per quanto riguarda il tema delle pensioni, è stata approvata quota 41. Non ci sarà nessuna riforma strutturale, per questa sarà necessario aspettare al 2023. avverrà sicuramente la proroga di certe manovre, oltre che introdurre la riforma, del tutto nuova, di flessibilità in uscita. Martina Calderone, ministra del Lavoro, ha avuto un incontro con le parti sociali. Dopo di che ha dato conferma del fatto che il governo di centro destra con a capo Giorgia Meloni si è messa a lavoro per capire quale sarà la nuova misura da mettere in atto per il prossimo anno 2023. La Calderone ha spiegato anche che ci potrebbe essere una soluzione possibile: in questo momento infatti il nuovo governo, insieme al ministero del Lavoro, si sta muovendo per decidere l’opzione della quota 41. La stessa che la ministra aveva definito un ottimo punto da cui iniziare.
Per ora, però, non è ben chiaro in quale modalità e secondo quali condizioni sarà possibile avere un’applicazione della quota. Certo, ci sono già alcune ipotesi che è possibile immaginare. Prima di capire di che cosa si tratta, è bene sapere che la Calderone ha già confermato anche la proroga di Ape sociale e Opzione donna.
Quota 41: le prossime mosse del governo Meloni
La presidente del Consiglio Giorgia meloni aveva già dichiarato che sarebbe avvenuta una proroga di alcune misure dell’esecutivo precedente. Lo ha nuovamente confermato la ministra del Lavoro che ha spiegato come nella prossima legge di Bilancio 2023 si potrà avere una forma di 2flessibilità in uscita. La quota 41 andrà a sostituire la 102 che scadrà entro la fine dell’anno corrente, ovvero il 2022. È possibile che si tratti di una sorta di anticipo della pensione. Per poter assistere a una riforma totale di tutto il sistema pensionistico, sarà necessario attendere ancora un po’. Secondo la ministra l’intervento è più che necessario, ma non farà parte della prossima manovra.
Quota 41: che cosa significa e come potrebbe funzionare
Quando si parla di quota 41 si fa riferimento a una sorta di anticipo pensionistico ipotetico. Consentirebbe di entrare in pensione e smettere di lavorare nel momento in cui si versano contributi per un arco di tempo minimo pari a 41 anni. Questo meccanismo, sempre stando alle opzioni che sta vagliando l’esecutivo, dovrebbe prevedere anche un ulteriore requisito. Si tratta dell’età anagrafica, ma su questo discorso non c’è ancora nulla di certo. Per quanto concerne la funzionalità della misura, ci sono diverse ipotesi che il governo Meloni sta valutando. Nello specifico, l’esecutivo ha richiesto all’Inps di pensare a tre opzioni. In un momento successivo, bisognerebbe creare delle simulazioni che consentono di capire quanto denaro spendere. Dopo aver fatto questi calcoli, probabilmente si tratterebbe di dare un anticipo pensionistico a coloro che hanno un’età compresa tra i 61 e i 63 anni, oltre che aver versato i contributi per 41 anni. Se si dovesse prendere la decisione di imporre l’età minima di 61 anni, allora si avrebbe una quota 102. Sarebbe comunque differente rispetto quella attuale perché prima si richiedeva un’età pari a 64 anni e 38 anni di versamento di contributi.