Andare in pensione: come e quando?

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Andare in pensione: come e quando?

Sono numerose le opzioni a disposizione per chi desidera andare in pensione. Con l’ultima riforma del Governo Conte si sono aggiunte quota 100 e la proroga di Opzione donna.

In generale, i lavoratori in procinto di pensionamento devono scegliere l’opzione più conveniente, perché ognuna di esse ha dei pro e dei contro.

Andare in pensione: il prepensionamento

Prendiamo il prepensionamento, come l’Ape sociale e Volontario. Questa è una misura che permette di concludere il rapporto di lavoro prima di aver maturato il diritto alla pensione. In questo caso, il destinatario percepisce un’indennità, la cui cifra è inferiore a quanto ammonterebbe la pensione, fino al momento in cui non potrà riscattarla.

Con il prepensionamento, l’indennità grava o sul lavoratore, come per l’Ape volontario, o sul datore di lavoro, come sullo scivolo pensionistico di quota 100 (62 anni di età e 38 anni di contributi).

Andare in pensione: come e quando?

Passando alla pensione, scegliere la modalità è una valutazione prettamente personale, che varia di persona in persona. Dipende dalla situazione anagrafica, retributiva ed economica del destinatario. Per questo è importante prendere in considerazione tutti i fattori. Primo fra tutti, l’importo a cui si aspira.

Per i periodi di lavoro dopo il 1° gennaio 1996, il sistema utilizzato per il calcolo della pensione è quello contributivo. In questo caso, godere della pensione anticipata può non essere la scelta più conveniente, almeno da un punto di vista economico. Possono richiedere la pensione anticipata gli uomini che hanno 42 anni e 10 mesi di contributi e le donne che ne hanno 41 anni e 10 mesi. Mettiamo che un uomo abbia 41 anni di servizio, 10 mesi di contributi e 64 anni di età. In questo caso, gli converrebbe attendere altri 3 anni per arrivare ai 67 anni, età in cui scatterebbe la pensione di vecchiaia, accessibile per chi abbia almeno 20 anni di contributi. L’assegno sarebbe più alto.

Per il prepensionamento con Quota 100 vale quanto detto sopra, ovvero la percezione di un assegno più basso. A questo si aggiunge il fatto che, chi va in pensione con le misure previste dalla riforma giallo-verde, non ha nessuna possibilità di lavorare altrimenti, magari al solo scopo di arrotondare, almeno fino ai 67 anni, età in cui si raggiunge il diritto alla pensione di vecchiaia.

Andare in pensione: valutare la condizione migliore

L’Opzione donna, che il decreto n. 4/2019 ha prorogato di un anno, permette anche alle donne che entro il 31 dicembre 2018 abbiano compiuto 58 anni , 59 per le autonome, e maturato 35 anni di contributi, di andare in pensione. Ma anche questa può non essere la scelta più allettante per le lavoratrici. In questo caso, la pensione viene calcolata con sistema contributivo dal 1996 in poi. Per il periodo lavorativo pre ’96, invece, vale il sistema retributivo. L’assegno, in questi casi, arriva ad avere una perdita fino al 40% rispetto alla rispettiva pensione di vecchiaia.

Per valutare la propria singolare situazione, i sindacati svolgono un servizio di informazione al quale possono accedere tutti i lavoratori. Con degli esperti, sarà possibile valutare la propria condizione lavorativa e contributiva e scegliere l’opzione più conveniente.

Esistono anche numerosi portali online che permettono di calcolare il proprio assegno di pensione in base agli anni di servizio, di contributi, il tipo di lavoro svolto e il reddito annuale percepito.

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Camilla
Laureata magistrale in Scienze Politiche e con un Master in Istituzioni parlamentari. Aspirante giornalista, collabora con altre testate e aziende come autrice e web editor.