Agenzia delle Entrate: come contestare avviso o cartella

L’Agenzia delle Entrate può emettere una notifica di accertamento. Vediamo quando si può opporre ricorso ricorrendo alla Commissione Tributaria competente.
agenzia delle entrate
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Agenzia delle Entrate è proprio il caso di dire ancora una volta chiamata in causa. Esaminiamo quando il contribuente intende presentare un ricorso alla Commissione tributaria provinciale. A seguito di avviso di accertamento, vediamo come sia meglio procedere.

Ricorso: cosa deve contenere la domanda

Se si intendere opporre ricorso ad un accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, bisognerà affidarsi alla Commissione Tributaria provinciale di competenza. Pertanto occorrerà rivolgersi alla sede di riferimento in cui ha sede il distaccamento dell’Agenzia delle Entrate che ha emesso l’avviso di accertamento.

Ci si dovrà rivolgere alla Commissione tributaria in quanto ricopre il ruolo giurisdizionale della giustizia tributaria di primo grado. La domanda che il contribuente inoltra al giudice tributario, in base all’articolo 18 del Decreto legislativo n.° 546 del 1992 dovrà includere:

  • Le generalità complete in tutte le loro parti comprese di codice fiscale, della persona giuridica o fisica che intende presentare istanza.
  • Il recapito di posta elettronica certificata per le comunicazioni e le notifiche in merito alla causa giudiziaria. Di norma viene indicato il recapito del difensore nominato in giudizio.
  • Si dovrà indicare la commissione tributaria provinciale di riferimento.
  • Il contribuente dovrà indicare l’oggetto della domanda da presentarsi.
  • Sarà da indicare il numero dell’atto a cui si intende fare opposizione.
  • Dovrà essere indicata la controparte/Ente che ha emesso l’atto impugnato, contro cui di pone il ricorso.
  • Importante inoltre la parte della domanda che riguarda le motivazioni dell’impugnazione da parte del contribuente. A tal proposito ilo contribuente potrà richiedere l’annullamento totale o parziale delle somme che vengono rivendicate.

In tale concertazione il contribuente si potrà avvalere del supporto di un difensore. In ambito tributario sono abilitati all’assistenza coloro che risultino essere regolarmente iscritti agli albi in qualità di:

  • Ragionieri.
  • Consulenti del lavoro.
  • Commercialisti.
  • Avvocati.

Resta inteso inoltre che il contribuente chiamato in causa, per importi che non vanno a superare il tetto di € 3.000, potrà provvedere alla difesa da solo. In questo caso infatti non è richiesto l’intervento di un difensore abilitato all’assistenza tecnica in aula.

Quali sono le tipologie degli atti dell’Agenzia delle Entrate a cui si può opporre ricorso

Come enunciato nell’articolo n.° 19 del Decreto Legislativo 546 del 1992, gli atti impugnabili a mezzo di  ricorso alla commissione tributaria, sono i seguenti:

  • L’atto che riguarda il provvedimento che infligge delle precise sanzioni.
  • Il procedimento a ruolo con determinazione di specifica cartella esattoriale di pagamento.
  • La comunicazione definita avviso di mora.
  • L’atto con cui si determina l’iscrizione ipotecaria.
  • Il procedimento a definizione di rifiuto espresso o tacito in merito alla restituzione di tributi.
  • La comunicazione di revoca delle agevolazioni fiscali concesse al contribuente.
  • Comunicazione di avviso di accertamento tributario.
  • Comunicazione di liquidazione del tributo.
  • L’avviso di fermo amministrativo riguardante i beni mobili regolarmente registrati.
  • Atti e comunicazioni riguardanti le operazioni catastali.

Costi di un ricorso tributario

Vediamo ora i costi che un contribuente deve affrontare durante la presentazione di un ricorso tributario. Oltre la parcella del professionista, si dovrà provvedere al versamento del contributo unificato tributario.

Per gli atti impugnati fino a € 2.500 il contributo richiesto è di € 30. Invece per atti del valore fino a € 5.000 si deve versare € 60 che vanno a raddoppiarsi per importi fino a € 25.000.  Se si intende impugnare un atto dell’importo fino a € 75.000 il versamento sale a € 250. Per gli atti fino a € 200.000 si deve versare invece € 500. L’importo di €1.500 viene richiesto per gli atti che superano i € 200.000.

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